Non avevo ancora compiuto 30 anni e mi ritrovavo ad essere una mamma single di un bambino di appena due anni.
I ''terrible two'' dicono. Per lui lo sono stati senz'altro, ma anche per me è stato il mio momento peggiore.
Ma è proprio allora che ho deciso di vivere
più forte di me.
Più forte delle mie paure, delle mie lacrime trattenute, più forte del mio cuore dilaniato, del futuro cupo che temevo, più forte dei miei sensi di colpa, dei miei difetti, delle mie fragilità e più forte anche del mio nuovo ruolo, in cui mi sentivo piccola e schiacciata da giornate pesanti e interminabili.
E’ andata così:
Era un freddo e assolato pomeriggio di Gennaio, lui aveva deciso che se ne sarebbe andato e che di ricominciare non se ne parlava proprio. Voglio dirti che ho tatuati nella mente i colori, gli odori e le parole affilate e inaspettate di quel giorno. Ricordo esattamente come mi sentivo: ero accaldata nonostante l’inverno, il battito del mio cuore era fisicamente difficile da gestire e la mia mente..! La mia mente aveva perso qualsiasi contatto con il reale dal momento che aveva preso consapevolezza di quello che stava accadendo. Ero un cortocircuito di pensieri. Se dovessi dirti a cosa assomigliasse la percezione della mia vita in quel momento, direi sabbia. L’illusione di star costruendo un castello fatato per la famiglia del Mulino Bianco che bramavo essere (più per gli altri che per me) e la sensazione che la perfezione del mio desiderio sfuggisse senza appello dalle mie mani. Avevo perso il controllo. Ora guidavano le mie paure. Ero terrorizzata e prigioniera di queste domande:
E ora? Come farò a dirlo a tutti? In che modo potrò essere un genitore single? Come potrò dire al mio bambino che il babbo non è più qui e come faccio io a stare senza mio figlio quando sarà con lui? E quando sarò sola che penseranno di me? Io che penserò di me che ho fallito nell’ultimo dei modi che mi aspettavo da me stessa?
Ho voluto condividere con te l’esattezza di ciò che pensavo per farti togliere subito dalla testa che io possa essere una Super Mamma o una Super Donna e per incoraggiarti nel confrontarti sempre con la verità delle tue fragilità, mettendo a nudo le mie.
Ciò che infatti temevo al di sopra di tutto era il giudizio. degli altri, ma soprattutto il mio.
Il confronto con il mio limite, il confronto con ‘‘la società’’, non erano rimandabili. Mi ero sempre ritenuta una ‘‘brava ragazza’’ e avevo assunto su di me questa consapevolezza senza mai aver affrontato i miei limiti e quelli che ogni essere umano ha. Se tu non scegli ogni giorno di essere consapevole di te e della tua vita, a un certo punto la vita sceglierà per te il modo attraverso il quale dovrai confrontarti con la tua speciale fragilità. E di solito il modo che sceglie non è il più delicato!!!
‘‘Mi sono sempre comportata bene, sono una ragazza affidabile e responsabile…Perchè proprio a me?’’
Questo è quello che mi ripetevo nel caos mentale di quel momento. Perchè? Perchè? Come se ci fosse una risposta al Male e come se davvero la risposta al dolore me lo avrebbe fatto sentire meno. Conoscere il motivo delle disgrazie che ci capitano o l’elenco esatto degli errori che ci hanno portato al fallimento, non ci esenteranno dal soffrire e non ci aiuteranno a porci le domande giuste.
Concentrarsi sul ‘‘perchè’’ ti rende schiavo del passato, del rancore, delle paure.
Concentrarsi sul ‘‘PER CHI’’, ti rende libero di ricominciare.
Non so come sia successo.
Ma io, che non frequentavo Chiese dalla Prima Comunione, dopo che lui uscì da quella porta e fui sola con il mio vuoto e le mie paure, mi ritrovai in macchina a guidare, poi in una chiesa grande e vuota e infine con l’anziano e dolce Don Faliero, che non mi conosceva e che mi accolse, che mi abbracciò e che mi disse proprio ciò che ho condiviso con te qualche riga più su.
‘‘Non chiederti PERCHE’ ma PER CHI’’.
Don Faliero fu la mia prima guida spirituale e magari, un giorno, se vorrai, ti racconterò anche quella parte della mia storia.
Ma quello che volevo dirti oggi, aldilà che tu creda o non creda, è che l’unica domanda che devi porti rispetto alla fine della tua relazione e della tua monogenitorialità è questa:
Cosa POSSO FARE io oggi? PER CHI posso farlo?
Per CHI posso vivere al meglio di me?
Scommetto che ti verrà in mente tuo figlio. Va bene. Sia lui il tuo primo ‘‘per chi’’!
Se pensi di essere un genitore fallito, perso, colpevole, triste, impotente, solo, ricordati di non dare al Male l'ultima parola.
Anche tu, se vuoi, puoi diventare Più Forte di Te.
Sibilla